« Le glorie di Maria nella basilica vaticana »
di Federico Fioretti († 1953)


Da: «L'Osservatore Romano», 6-7 dicembre 1948.

L’autore dell’articolo, mons. Federico Fioretti, nacque a Nazzano Romano nel maggio 1886. Dopo esser diventato sacerdote, si impegnò nella diplomazia pontificia a Haiti (1916), a Budapest (1923) e a Bruxelles (1927). Fu prelato domestico di Sua Santità (1931), canonico della Basilica di San Pietro (1934), camerlengo del Capitolo (dal 1936). Capo stampa del Vaticano, lavorò direttamente agli ordini di Pio XII. Morì il 9 gennaio 1953.

«Il culto verso la Vergine Maria Madre di Dio è stato profondamente sentito e praticato nella Chiesa fin dal formarsi delle prime comunità apostoliche. Quando i primi cristiani furono obbligati a discendere e nascondersi nelle catacombe, la venerata immagine di Maria ebbe anche lì il suo culto, come testimoniano le pitture cemeteriali, i vasi di vetro, i bassorilievi ove la Vergine è quasi sempre rappresentata assisa, col Bambino Gesù sulle ginocchia, con il capo velato e con i tratti giovanili illuminati da una divina purezza. Con la libertà conferita alla Chiesa da Costantino, il culto di Maria, dal buio profondo dei cemeteri salì trionfalmente alla luce delle Basiliche romane. Papa Silvestro fu il primo a dedicare alla Madonna un tempio, la Chiesa di S. Maria Antiqua, presso il foro ove trovavasi il tempio pagano di Vesta; e pochi anni più ardi Papa Liberio erigeva sulla sommità del colle Esquilino la Basilica di S. Maria Maggiore sul cui arco trionfale, circa un secolo dopo, Sisto III, dopo la Proclamazione fatta al Concilio di Efeso, doveva eternare in mirabili figurazioni musive la gloria di Maria Madre di Dio.
La Basilica eretta da Costantino sulla tomba del Principe degli Apostoli non doveva certamente restare indietro a nessun’altra nel culto dedicato a Maria. Da antiche memorie attinte da Monsignor Ravanat [Felice, canonico di San Pietro], il minuzioso indagatore della storia di S. Pietro in Vaticano e lo scrupoloso custode delle sue tradizioni, agli archivi della Basilica, risulta infatti come ben quindici fossero gli altari dedicati in S. Pietro alla Vergine. Molti di essi sono scomparsi con la demolizione della primitiva Basilica. Così il vetusto Oratorio di « Sancta Maria ad Praesepe », sito sul principio della navata estrema nord, vicino al luogo ove venne di poi aperta la Porta Santa o Giubilare.
Questo Oratorio venne eretto dal Pontefice Giovanni III (705-707) che lo adornò di splendidi mosaici e di eleganti colonne ritorte di marmo pario [bianco, assai pregiato]. Uno dei mosaici rappresentava la Madonna col Bambino in braccio e da qui il nome dell’Oratorio. Il Capitolo Vaticano vi si riuniva, in tempi ormai remoti, nella festività del S. Natale, per la celebrazione della Messa « in nocte ».
Un altro Oratorio dedicato al culto della Vergine era quello di « Sancta Maria in Turri », così chiamato per la sua vicinanza alla torre campanaria presso l’ingresso del quadriportico, eretto probabilmente da Papa Paolo I (757-767). In detta Cappella, al principio del secolo XI, aveva luogo la benedizione delle candele il giorno della Purificazione, e poi anche quella delle palme. In essa altresì l’eletto al Romano Impero prestava giuramento di fedeltà a S. Pietro, al Sommo Pontefice ed ai suoi successori.
Nel « Cerimoniale S. Romanae Ecclesiae » si legge:
« Caesar ad altare dictae Capellae ... indutus superpellicio, recipitur a Canonicis Sancti Petri in fratrem et canonicum, quos omnes, stans ante altare, recipit ad osculum pacis » [Cesare all’altare della detta cappella, indossante una veste lunga fino ai piedi e con le maniche, viene ricevuto come fratello e canonico dai Canonici di San Pietro tutti in piedi davanti all'altare, e riceve il bacio della pace].
L’Oratorio detto di « Sancta Maria de Conventu », perchè in esso i Canonici della Basilica si adunavano per l’officiatura corale, sorgeva vicino all’arco trionfale, parte nella navata maggiore e parte nell’attigua minore, ed ove S. Gregorio III (731-747) aveva fatto elevare due altari in onore della Vergine.
Lo stesso Papa aveva stabilito che ogni giorno, le Comunità dei tre Monasteri Vaticani dei SS. Giovanni e Paolo, di S. Stefano e di S. Martino, dopo il canto dei vespri fatto davanti alla confessione, si adunassero in questa cappella per cantare tre salmi, seguiti da una lezione tratta dal Vangelo del giorno e da un’orazione in onore dei santi dei quali ricorreva il « dies natalis ». Nella prima metà del secolo XII Eugenio III (1145-1155), restaurò completamente la cappella, soppresse uno dei due altari, facendone restare uno solo, lo adornò riccamente e lo dedicò alla Vergine. Innocenzo VIII (1484-92) procedette in seguito a nuovo restauro e collocò nella cappella, sopra l’altare, un’immagine della Madonna davanti alla quale egli stesso si era fatto dipingere genuflesso, per mano del Pinturicchio.
Celebre altresì era nell’antica Basilica l’Oratorio di « Santa Maria de Cancellis », così detto perché recinto da cancelli di bronzo, e di cui è fatta menzione nell’Anonimo del secolo VIII (De Rossi S. C. II, p. 225). Questo oratorio era stato eretto da Paolo I ( + 767) nell’angolo sud-est della Basilica, ornandolo di un elegante mosaico. di eccellenti pitture, e di rari marmi. Lo stesso Pontefice vi aveva poi deposto molti corpi di santi, tolti dalle catacombe ed altre preziose reliquie, disponendo che, dopo la sua morte, egli stesso vi fosse sepolto. Tale Oratorio era ritenuto luogo di tanta santità che alle donne ne era assolutamente proibito l’accesso.
Tra le Immagini a noi pervenute dalla antica Basilica, merita particolare menzione la Madonna detta della Colonna. Questa bellissima immagine della Vergine che sorridendo stringe fra le sue braccia il divino Pargolo, trovavasi affrescata sulla terza colonna della navata maggiore dell’antico tempio a destra dell’ingresso. Nel 1575, come narra l’Alfarano [Tiberio, sacerdote letterato, † 1596], non si sa per quali ragioni, l’Immagine cominciò ad essere venerata con particolare e profonda devozione dai fedeli e ad essere arricchita di copiosi doni votivi. Per tal ragione, nel 1579, il, Canonico di S. Pietro, Ludovico Bianchetti, bolognese, fece erigere in suo onore un magnifico altare, del quale purtroppo non esiste più che il disegno conservato nel Codice Vaticano-Barberini n. 2733 F. 1890. Nel giorno della Purificazione del 1607, l’Immagine venne tagliata via dalla colonna e fu trasportata all’altare di S. Leone, dove tuttora è esposta alla venerazione dei fedeli.
In questa cappella, nei tempi andati, nel giorno della Natività della Vergine, il Capitolo di S. Pietro cantava la Messa solenne ed il Vespero.
Un’altra pia immagine di Maria, salvata dalla demolizione e pervenuta fino a noi, è quella di « Santa Maria del Soccorso ». Questa Immagine che, nella antica Basilica trovavasi sull’altare di S. Leone venne, il 17 di febbraio del 1578, trasportata da Gregorio XIII, in solenne processione che fece il giro della Piazza di S. Pietro e con intervento di tutto il clero della Basilica e di sei Cardinali, nell’attuale Cappella che lo stesso Pontefice fece costruire « magna impensa ac immenso mirificoque artificio et musivo elegantissimo »[con grande spesa e immenso e ammirevole lavoro e elegantissimo mosaico] e dove ripose le reliquie di S. Gregorio Nazianzeno. Questa Immagine, così materna ed augusta, è stata sempre tenuta in particolare venerazione dal popolo romano. Fino a poco tempo fa, nelle maggiori solennità mariane, il Capitolo vi celebrava la Messa solenne ed il Vespero. Nel giorno della Madonna della Neve, durante la Messa, dalla piccola cupola sovrastante la cappella, si faceva cadere una pioggia di piccoli fiorellini bianchi. Anche oggi la devozione a questa bella Immagine della Madonna del Soccorso non si è spenta, ma vive e palpita intensamente nei cuori di tanti e tanti fedeli che lì davanti vanno ad inginocchiarsi ed a pregare. Pie mani di devoti hanno cura di tenere sempre ornato l’altare della Vergine di freschi fiori, e quando aì primo mattino le porte della Basilica si aprono un capitolare vi celebra sempre la Messa.
Nella vecchia Basilica, la Cappella di « Santa Maria delle Partorienti », così chiamata « eo quod mulieres praegnantes illi se enixe commendantes exaudiebantur » [perché fossero esaudite le donne incinte che lì assiduamente si raccomandavano], era stata fatta costruire dal Cardinale Gaetano Orsini, che l’aveva riccamente dotata, disponendo che fosse anche luogo della sua sepoltura.
Era situata nella crociera sud, presso la Rotonda di S. Petronilla. Nel secolo seguente venne restaurata e nuovamente dotata dal Cardinale Giorgio Orsini, Arciprete della Basilica, che le lasciò in dono, con testamento del 16 luglio 1434, alcuni preziosi reliquarii, nonché 400 Codici. Questa Immagine che il Venturi [Adolfo, † 1941] nella sua Storia dell’Arte stima possa essere un frammento di un’opera di Melozzo da Forlì (vol. VIII), trovasi ora esposta al culto nelle Grotte Vaticane.
Un’altra immagine della Madonna, appartenente all’antica Basilica, e conservata fino ad oggi è quella di « S. Maria de Febribus », che trovasi ora nella Cappella della Sagrestia dei Beneficiati.
Essa era anticamente venerata sull’altare principale della Rotonda di S. Andrea, dove era stata collocata, nel secolo XIII, e dove rimase fino ai tempi di Giulio II che la fece trasportare su l’altare maggio re del « Secretarium Antiquum », dandole il nome di Cappella di S. Maria della Febbre. Tale denominazione le fu data da numerosi fedeli che a lei avevano ricorso per essere liberati dalle febbri che allora infestavano le campagne romane e la stessa Urbe. Ma la immagine che sopra tutte eccelle per arte in San Pietro è quella scolpita nel marmo da Michelangelo e che rimane il capolavoro scultoreo religioso della rinascenza: la Madonna della Pietà. Essa venne ordinata al Buonarroti che allora contava appena 24 anni (1495) dal Cardinale Giovanni Villiers de la Groslaye, Ambasciatore di Luigi XII presso il Papa Alessandro VI, grande devoto di Maria Addolorata, per ornare la Cappella di S. Petronilla che era allora la « Cappella Regum Francorum », e che egli aveva destinato a luogo della propria sepoltura (1500). Dopo la demolizione dell’antica Basilica, il gruppo marmoreo andò ramingo in diversi luoghi del nuovo tempio, finché trovò la sua definitiva sistemazione nell’attuale cappella. Il gruppo invero è posto un po’ troppo in alto e troppo lontano, sicché non è dato ammirare in pieno la potente espressione del rassegnato dolore di Maria, né la divina dolcezza del volto di Gesù, composto in pace dal consumato sacrificio.
Sembra che sia in progetto un restauro della cappella ed una modifica alla posizione del gruppo marmoreo, ciò che tutti i devoti della Pietà affrettano con i loro voti. Nella odierna solenne festività dell’Immacolata è da ricordare in modo particolare la Cappella del Coro ove, nel fulgore degli ori, nella luce di un vasto mosaico, coronata di prezioso diadema, splende l’immagine della Vergine Immacolata.
Sisto IV (1471-1484) considerando forse che il coro dei Canonici, esistente dinnanzi all’Altare di S. Maria de Conventu, nell’antica Basilica, ingombrasse troppo la navata maggiore, coll’antiestetico tramezzo di legno di cui era munito e che vietava ai fedeli di veder bene le funzioni (ne resta un disegno del 1500), fece edificare di sana pianta al lato sud della Basilica una cappella provvista di tutto il necessario per una conveniente ufficiatura canonicale. Essa venne dedicata alla B. Vergine Immacolata ed ai Santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova e solennemente consacrata l’8 dicembre Ì479. Un secolo più tardi, Gregorio XIII (1572-1586), fece collocare sul’altare il gruppo della Pietà di Michelangelo. La divina ufficiatura ebbe luogo in questa cappella fino al 1609, quando venne totalmente demolita.
Sullo stesso luogo il Pontefice Urbano VIII (1623-1644) fece costruire l’attuale cappella, dedicandola ugualmente all’Immacolata e consacrando l’altare nel 1627.
Pio IX nel 1854, dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione incoronava solennemente l’Immagine della Vergine di un prezioso diadema. Mezzo secolo dopo, l’8 dicembre dl 1904, ricorrendo il cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma, i Pontefice Pio X, con solennissima cerimonia e con l’intervento di uno straordinario numero di fedeli, coronava di nuovo l’Immagine dell’Immacolata con un serto di dodici fulgenti stelle d’oro, tempestate di limpidissimi brillanti offerti dalle donne cattoliche di tutto il mondo.
Queste sono le tante e secolari glorie che in onore di Maria Immacolata Madre di Dio conclamano le pietre vetuste e sacri del maggior Tempio della cristianità.
Ma esse non son paghe, e attendono l’ora segnata da Dio, l’ora sospirata dalle innumeri generazioni cristiane, quando potranno echeggiare al mondo il canto trionfale « Te Deum » che saluterà la Vergine Santa gloriosamente assunta nei Cieli.

Federico Fioretti († 1953)

Raccolto da Paola Ircani Menichini, 19 febbraio 2022.




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